1043-1062. La lunga rhésis inizia all'insegna della pacatezza e della tranquillità. Due sono infatti i temi fondamentali, che alternandosi dominano l'intero intervento del servo-messaggero: "la pace idilliaca e la folle furia sanguinaria delle Baccanti" (Scazzoso). La scena si svolge sul Citerone, il monte ove si celebrano i riti bacchici, a cui vuole assistere il re Penteo. Questo è il luogo esatto perchè si svolgano tali riti: una valle erbosa, rupi scoscese ed innevate, le ombre lugubri dei pini, elementi sovrastati da un religioso silenzio. I tre pellegrini si muovono secondo l'andamento di una processione, formata dal sacerdote (Dioniso) e dalla vittima condotta al sacrificio (Penteo). Al v. 1051 ha inizio l'ékphrasis tópou, nella quale vengono descritte le occupazioni delle Menadi: c'è chi prepara i tirsi, con cui avevano messo in fuga i contadini, ed invece chi intona canti in onore del dio Bacco. Ma Penteo è meravigliato perché non s'aspettava di vederle in questo clima pacifico (che tra poco si muterà), come quando dormivano. - Penteo, lo sciagurato: l'apparizione di Penteo avviene secondo i tipici tratti del tiranno, ma dopo le magie dello straniero (Dioniso) è sorpreso e triste, e viene preso pure in giro dal dio. Penteo è sottomesso all'ospite-straniero (Dioniso lo convince perfino a vestire panni femminili). In questo condizione ridicola il re suscita nel pubblico pietà e compassione, ed è ormai divenuto un burattino nelle mani di Dioniso. Il dio diventa perfido e vendicativo (ribaltamento dei ruoli: Penteo da carnefice a vittima, Dioniso da vittima a carnefice). Luci ed ombre sul personaggio misterioso si smascherano (da positivo a negativo). Il pubblico non capisce più nulla: chi è buono e chi è cattivo? - le Menadi false: critica ai falsi bacchiggiamenti. Altri intendono "ignobili", perchè nóthos indica "un estremo sussulto di violenza verbale da parte del re" (Guidorizzi).
1063-1074. Penteo, per vedere meglio le Menadi, che crede si siano nascoste, chiede di poter salire su di un albero. Dioniso esaudisce il suo desiderio, ma facendo un rito magico, un miracolo, che il servo riconosce bene. Il dio piega un albero (un pino, pianta sacra a Dioniso), su cui sale Penteo. Ma tutto ciò è fatto in funzione del sacrificio finale: dall'alto può apparire a tutti. L'ascesa di Penteo al pino non è un elemento esornativo, come suggeriva Wilamowitz, ma fa parte di un rito preparatorio al sacrificio: la vittima prima di essere sacrificata veniva legata ad un albero. Inoltre, Pausania (2, 2, 6) racconta che nell'agorà di Corinto erano oggetto di venerazione due idoli intagliati nel legno dell'albero su cui Penteo si era appollaiato. Il grido è un elemento caratteristico del rito bacchico, perché è primitivo e selvaggio, e può toccare la psiche umana nel profondo, riuscendo a risvegliare in un attimo la malvagità delle Baccanti, che si preparano al sacrificio di Penteo. Dioniso da qui in poi non si manifesta più, ma "rimane la sua onnipotenza invisibile operante attraverso il furore delle donne" (Scazzoso). Dioniso si comporta come un uomo, perchè cerca la vendetta (cfr. Stasimo III), inoltre ha più mezzi di Penteo, che è accecato dall'ate, avendo commesso atti di ubris. Penteo inoltre non si accorge che il dio commette azioni non mortali (da qui si coglie l'ironica situazione in cui grava il re: si sta ormai preparando la katastróphe). - come una curva ruota, tracciata dal compasso: alcuni intendono questo passo in altro modo, ritenendo il cerchio tracciato da un tornio, o da un tornio ad archetto.
1075-1085. Dopo questo miracolo lo straniero sparisce e nel silenzio totale, che è la risposta della natura alla divina epifania, si ode solo la voce del dio che chiama a raccolta le menadi. I versi 1084-1085 "descrivono mirabilmente il silenzio della natura nel momento in cui stanno per farvi la loro irruzione le forze del soprannaturale" (Dodds). La stessa scena miracolosa caratterizzata da un sacrale silenzio si ritrova in Sofocle (Edipo a Colono, vv. 1062-1064): "nessun gemito più si sentiva, fu silenzio, e improvvisamente una voce lo chiamò gridando" (trad. R. Cantarella).
1086-1100. Secondo schemi rituali, Penteo è colpito dalla lapidazione (1096-1097), poi da tirsi, che neanche lo toccano. Le figlie di Cadmo (epiteto inadeguato al ruolo che vengono ad avere per uccidere Penteo) cercano di colpirlo, ma vanamente. Penteo diventa miserabile bersaglio, ed assistiamo così ad un mitigamento della sua immagine: sempre più commiserabile e sempre più vittima. La sventura comincia quando viene convinto ad indossare abiti femminili. Da carneficie (egli voleva infatti colpire con la lapidazione l'ospite-Dioniso) a vittima del dio. La furia delle Baccanti si esplica col lancio delle pietre: egli diventa capro espiatorio, pharmakós, per liberare l'intera collettività dalle colpe di un singolo (Penteo), che non aveva voluto accettare la religione dionisiaca nella città e così viene "scacciato" da Tebe. Questo rito lo ritroviamo in festività come le Lithobolia di Trezene (Pausania 2, 32, 2) o le Targhelie ad Atene, dedicate ad Apollo. - la velocità ... minore di quella della colomba: contrasto con il ruolo che avranno a breve (nella vita reale sono tenere donzelle ed in questo caso, ossia nel rito bacchico, sono delle furie invasate dal dio.
1100-1113. La vendetta continua: ora avviene lo sradicamento dell'albero, altro elemento eccezzionale, in quanto le donne sono invasate dalla forza fisica e brutale del dio. Questa descrizione minuta dei singoli particolari, ha una precisa funzione per una narrazione completa. Lo sradicamento dell'albero (1103-1113) faceva probabilmente parte di un rituale minoico: "incisioni di Cnosso raffigurano sacerdotesse danzanti (probabilmente una danza estatica) che fanno l’atto di sradicare un albero. Pausania (10, 32, 6) testimonia inoltre che residui di questo rituale sopravvivevano ancora alla sua epoca: ad Aulai in Magnesia v’era una grotta dove venivano dedicati ad Apollo alberi sacri, che i fedeli sradicavano dai monti" (Guidorizzi). Come fa notare Vitali, in prospettiva junghiana nel mito di Penteo si troverebbero riuniti il significato fallico dell’albero (lo sradicamento sarebbe il simbolo della castrazione) e la sua natura materna (l’albero porta e avvolge Penteo). - Lo sciagurato: Penteo è preso da aporia, perchè non sa cosa fare. - la fiera: la madre non riconosce il figlio, in quanto Menade invasata dal dio. Adesso le Menadi sono invasate dal dio, come prima Penteo era preda dell'ate. Penteo è belva, ma in quanto tale comte potrebbe rivelare i segreti del culto? - comprendeva di essere vicino alla morte: Penteo è ormai lucido, e comprende quale sia la propria sorte, ed "è questa l'estrema vendetta di Dioniso" (Guidorizzi), che non gli concede neanche l'anestesia del delirio.
1114-1128. La definizione di Agave come "sacerdotessa di un rito di sangue" (1114), quindi non più madre nè regina, sancisce la natura rituale della morte di Penteo, in tutto e per tutto simile a un sacrificio. Piomba un alone di sacralità su di un atto così ripugnante: la madre uccide il proprio figlio. Euripide pone l'accento anche sul fatto che questo sacrificio sia pure un delitto, un sacrificio estraneo alle regole della ritualità. Nella descrizione in primo piano del volto di Agave (1112-1124) sono evidenti tutte le caratteristiche di un attacco isterico. Questa "maschera della follia" trova numerosi antecedenti letterari: Senofonte (Simpsio 1, 10), Euripide (Eracle furente vv. 932 ss. e 990 ss.), etc. Si ribalta la situazione iniziale: prima era Penteo ad essere cieco; l'invasamento all'inizio era fonte di saggezza e portatore di bei frutti (ora strumento spregevole); prima era Penteo ad essere tlemon (si noti come il re sia uscito dalla sua condizione di cecità ed ottenebramento). Penteo ora capisce e confessa di aver errato, ma è troppo tardi e questa giunge come "spontanea e immediata confessione. [...] E' il riconoscimento della potenza del dio personalmente sperimentata" (Scazzoso). Inoltre il culto bacchico è una religione irrazionale, che porta a non ragionare più.
1129-1143. Il poeta descrive nei più crudi particolari la scena del sacrificio di Penteo. E' una scena dominata dal sangue, che ha valore purificatorio, espiatorio, rigeneratore, etc. Il razionalista Penteo cerca in tutti i modi di opporsi all'irrazionale (culto bacchico): Penteo rappresenta forse lo stesso Euripide? Anche la ricerca dell'irrazionale condotta dal poeta non ha portato a nulla. La religione è destinata a trionfare: ai de elalazon (canto di vittoria). Questo sacrificio è repellente per il lettore, ma estremamente bello per le Baccanti, perchè Penteo ha sbagliato e deve pagare. Le giustiziere però fanno ribrezzo al pubblico. Perchè Penteo viene punito? Non è maledetto dal dio, ma è tlemon (v. 1102) e dusdaimonos (si riversa una certa commiserazione verso chi era stato finora mal presentato). La scena dello sparagmos si conclude con un particolare macabro e sanguinario: l'esposizione del trofeo della caccia, cioè la testa del figlio, sul tirso che funge da picca. Questo gesto era sentito come barbaro: questo trattamento fu riservato da Serse a Leonida, caduto alla Termopili (Erodoto VII, 238); inoltre lo spartano Pausania si rifiutò di utilizzare questo gesto per il generale persiano Mardonio (Erodoto IX, 79): "Queste azioni si addicono più ai barbari che ai Greci" (trad. A. Izzo d'Accinni).
1144-1152. La rhésis si conclude innestandosi nell'azione del dramma e preannunciando l'ingresso in scena di Agave con in mano il trofeo della caccia. La conclusione moralistica viene pronunciata da un personaggio umile, quale il servo-messaggero. Questa saggezza popolare si fonda sull'esperienza quotidiana diretta e non su princpici astratti (lontana dal mondo aristocratico e particolaristico delle grandi città), inoltre non vi sono altri grandi ktemata che possono sostituire la religione, tanto vale accettarla, anche se non priva di aspetti crudi e sgradevoli. Questo il senso degli ultimi versi: "io credo che la moderazione e il santo rispetto delle cose divine, siano una bellissima cosa per gli uomini; ancor più bella se alla teoria si aggiunge la pratica, cioè se gli uomini uniformano la loro vita vissuta a tali precetti" (Scazzoso). Alla fine viene fatto il nome del responsabile della vittoria grondante sangue: Bacco.
1063-1074. Penteo, per vedere meglio le Menadi, che crede si siano nascoste, chiede di poter salire su di un albero. Dioniso esaudisce il suo desiderio, ma facendo un rito magico, un miracolo, che il servo riconosce bene. Il dio piega un albero (un pino, pianta sacra a Dioniso), su cui sale Penteo. Ma tutto ciò è fatto in funzione del sacrificio finale: dall'alto può apparire a tutti. L'ascesa di Penteo al pino non è un elemento esornativo, come suggeriva Wilamowitz, ma fa parte di un rito preparatorio al sacrificio: la vittima prima di essere sacrificata veniva legata ad un albero. Inoltre, Pausania (2, 2, 6) racconta che nell'agorà di Corinto erano oggetto di venerazione due idoli intagliati nel legno dell'albero su cui Penteo si era appollaiato. Il grido è un elemento caratteristico del rito bacchico, perché è primitivo e selvaggio, e può toccare la psiche umana nel profondo, riuscendo a risvegliare in un attimo la malvagità delle Baccanti, che si preparano al sacrificio di Penteo. Dioniso da qui in poi non si manifesta più, ma "rimane la sua onnipotenza invisibile operante attraverso il furore delle donne" (Scazzoso). Dioniso si comporta come un uomo, perchè cerca la vendetta (cfr. Stasimo III), inoltre ha più mezzi di Penteo, che è accecato dall'ate, avendo commesso atti di ubris. Penteo inoltre non si accorge che il dio commette azioni non mortali (da qui si coglie l'ironica situazione in cui grava il re: si sta ormai preparando la katastróphe). - come una curva ruota, tracciata dal compasso: alcuni intendono questo passo in altro modo, ritenendo il cerchio tracciato da un tornio, o da un tornio ad archetto.
1075-1085. Dopo questo miracolo lo straniero sparisce e nel silenzio totale, che è la risposta della natura alla divina epifania, si ode solo la voce del dio che chiama a raccolta le menadi. I versi 1084-1085 "descrivono mirabilmente il silenzio della natura nel momento in cui stanno per farvi la loro irruzione le forze del soprannaturale" (Dodds). La stessa scena miracolosa caratterizzata da un sacrale silenzio si ritrova in Sofocle (Edipo a Colono, vv. 1062-1064): "nessun gemito più si sentiva, fu silenzio, e improvvisamente una voce lo chiamò gridando" (trad. R. Cantarella).
1086-1100. Secondo schemi rituali, Penteo è colpito dalla lapidazione (1096-1097), poi da tirsi, che neanche lo toccano. Le figlie di Cadmo (epiteto inadeguato al ruolo che vengono ad avere per uccidere Penteo) cercano di colpirlo, ma vanamente. Penteo diventa miserabile bersaglio, ed assistiamo così ad un mitigamento della sua immagine: sempre più commiserabile e sempre più vittima. La sventura comincia quando viene convinto ad indossare abiti femminili. Da carneficie (egli voleva infatti colpire con la lapidazione l'ospite-Dioniso) a vittima del dio. La furia delle Baccanti si esplica col lancio delle pietre: egli diventa capro espiatorio, pharmakós, per liberare l'intera collettività dalle colpe di un singolo (Penteo), che non aveva voluto accettare la religione dionisiaca nella città e così viene "scacciato" da Tebe. Questo rito lo ritroviamo in festività come le Lithobolia di Trezene (Pausania 2, 32, 2) o le Targhelie ad Atene, dedicate ad Apollo. - la velocità ... minore di quella della colomba: contrasto con il ruolo che avranno a breve (nella vita reale sono tenere donzelle ed in questo caso, ossia nel rito bacchico, sono delle furie invasate dal dio.
1100-1113. La vendetta continua: ora avviene lo sradicamento dell'albero, altro elemento eccezzionale, in quanto le donne sono invasate dalla forza fisica e brutale del dio. Questa descrizione minuta dei singoli particolari, ha una precisa funzione per una narrazione completa. Lo sradicamento dell'albero (1103-1113) faceva probabilmente parte di un rituale minoico: "incisioni di Cnosso raffigurano sacerdotesse danzanti (probabilmente una danza estatica) che fanno l’atto di sradicare un albero. Pausania (10, 32, 6) testimonia inoltre che residui di questo rituale sopravvivevano ancora alla sua epoca: ad Aulai in Magnesia v’era una grotta dove venivano dedicati ad Apollo alberi sacri, che i fedeli sradicavano dai monti" (Guidorizzi). Come fa notare Vitali, in prospettiva junghiana nel mito di Penteo si troverebbero riuniti il significato fallico dell’albero (lo sradicamento sarebbe il simbolo della castrazione) e la sua natura materna (l’albero porta e avvolge Penteo). - Lo sciagurato: Penteo è preso da aporia, perchè non sa cosa fare. - la fiera: la madre non riconosce il figlio, in quanto Menade invasata dal dio. Adesso le Menadi sono invasate dal dio, come prima Penteo era preda dell'ate. Penteo è belva, ma in quanto tale comte potrebbe rivelare i segreti del culto? - comprendeva di essere vicino alla morte: Penteo è ormai lucido, e comprende quale sia la propria sorte, ed "è questa l'estrema vendetta di Dioniso" (Guidorizzi), che non gli concede neanche l'anestesia del delirio.
1114-1128. La definizione di Agave come "sacerdotessa di un rito di sangue" (1114), quindi non più madre nè regina, sancisce la natura rituale della morte di Penteo, in tutto e per tutto simile a un sacrificio. Piomba un alone di sacralità su di un atto così ripugnante: la madre uccide il proprio figlio. Euripide pone l'accento anche sul fatto che questo sacrificio sia pure un delitto, un sacrificio estraneo alle regole della ritualità. Nella descrizione in primo piano del volto di Agave (1112-1124) sono evidenti tutte le caratteristiche di un attacco isterico. Questa "maschera della follia" trova numerosi antecedenti letterari: Senofonte (Simpsio 1, 10), Euripide (Eracle furente vv. 932 ss. e 990 ss.), etc. Si ribalta la situazione iniziale: prima era Penteo ad essere cieco; l'invasamento all'inizio era fonte di saggezza e portatore di bei frutti (ora strumento spregevole); prima era Penteo ad essere tlemon (si noti come il re sia uscito dalla sua condizione di cecità ed ottenebramento). Penteo ora capisce e confessa di aver errato, ma è troppo tardi e questa giunge come "spontanea e immediata confessione. [...] E' il riconoscimento della potenza del dio personalmente sperimentata" (Scazzoso). Inoltre il culto bacchico è una religione irrazionale, che porta a non ragionare più.
1129-1143. Il poeta descrive nei più crudi particolari la scena del sacrificio di Penteo. E' una scena dominata dal sangue, che ha valore purificatorio, espiatorio, rigeneratore, etc. Il razionalista Penteo cerca in tutti i modi di opporsi all'irrazionale (culto bacchico): Penteo rappresenta forse lo stesso Euripide? Anche la ricerca dell'irrazionale condotta dal poeta non ha portato a nulla. La religione è destinata a trionfare: ai de elalazon (canto di vittoria). Questo sacrificio è repellente per il lettore, ma estremamente bello per le Baccanti, perchè Penteo ha sbagliato e deve pagare. Le giustiziere però fanno ribrezzo al pubblico. Perchè Penteo viene punito? Non è maledetto dal dio, ma è tlemon (v. 1102) e dusdaimonos (si riversa una certa commiserazione verso chi era stato finora mal presentato). La scena dello sparagmos si conclude con un particolare macabro e sanguinario: l'esposizione del trofeo della caccia, cioè la testa del figlio, sul tirso che funge da picca. Questo gesto era sentito come barbaro: questo trattamento fu riservato da Serse a Leonida, caduto alla Termopili (Erodoto VII, 238); inoltre lo spartano Pausania si rifiutò di utilizzare questo gesto per il generale persiano Mardonio (Erodoto IX, 79): "Queste azioni si addicono più ai barbari che ai Greci" (trad. A. Izzo d'Accinni).
1144-1152. La rhésis si conclude innestandosi nell'azione del dramma e preannunciando l'ingresso in scena di Agave con in mano il trofeo della caccia. La conclusione moralistica viene pronunciata da un personaggio umile, quale il servo-messaggero. Questa saggezza popolare si fonda sull'esperienza quotidiana diretta e non su princpici astratti (lontana dal mondo aristocratico e particolaristico delle grandi città), inoltre non vi sono altri grandi ktemata che possono sostituire la religione, tanto vale accettarla, anche se non priva di aspetti crudi e sgradevoli. Questo il senso degli ultimi versi: "io credo che la moderazione e il santo rispetto delle cose divine, siano una bellissima cosa per gli uomini; ancor più bella se alla teoria si aggiunge la pratica, cioè se gli uomini uniformano la loro vita vissuta a tali precetti" (Scazzoso). Alla fine viene fatto il nome del responsabile della vittoria grondante sangue: Bacco.
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